DIORAMI

Critiche
L’essenza di uno spazio immaginato
C’è come l’eco di uno spazio immaginato, un lepido rimando a luoghi persi o trasognati, ad una geografia segreta materiata di agnizioni. Qualcosa ne rifrange il glissato interiore, il palpito alonale nel colore.
I sogni fluttuano nei liquidi ambulacri della mente, specchi o cifrati labirinti; omini volano, inseguendo miraggi liminari, oppressi, a volte, da paure ancestrali.
Le colline sono arazzi o policrome scacchiere, ed invalvano il silenzio al cobalto del cielo. Figure pencolanti, affastellate geometrie di tufo, d’ocra e d’amaranto, case e pulviscolo di stelle.
La mano verbera gli accordi, allide un fasto endemico ai volumi. È il gioco bleso delle forme a dare un senso al ricordo, l’erratica effrazione dello sguardo.
Ciò che vediamo è ciò che abbiamo visto, è un’eco travasata nel suo doppio, il simulacro di un’idea: l’immagine rubata a un’implausibile bellezza.
Angelo Giambartino

Mattanza
Acrilico su tela
Cocchiara rende al meglio il passaggio fra la vita e la morte, con una vividezza ed una incisività che stupiscono l’osservatore.
Alessandra Consiglio
La spatola del maestro Cocchiara non lascia scampo. Chiunque rimane perplesso, stravolto da tanta eloquenza. Non solo bello d’arte, ma un universo tutto da riscoprire.
Giovanni Gurrieri
Dal dipinto “Mattanza” sembrano sprigionarsi due forme di energia:
La prima, visibile, percepibile, è quella dei tonni intrappolati nella camera della morte, che tentano invano, furiosamente, con tutte le loro forze, di sottrarsi a un destino spietato e ineluttabile.
La seconda è invisibile, impalpabile, ma presente e percepibile: è l’energia creatrice dell’artista, che ha sofferto non poco nel realizzare un’opera dall’impatto drammatico e cruento, opera con la quale, uscendo dai suoi canoni stilistici, ha reso mirabilmente “vivo”, sensazionale, il tragico e sconvolgente momento della mattanza.
Lo ha reso vivo perché “vedendo” attentamente (non solo guardando) il magnifico dipinto, Cocchiara riesce a farci entrare nel “dramma”, a sentire il dibattersi violento dei tonni, lo scroscio fragoroso dell’acqua che sembra schizzare fuori dalla tela, colorandosi col rosso vermiglio del sangue dei tonni. Nell’opera si assiste anche alla ”rappresentazione” di una delle più crudeli e tremende metafore della vita: quella di coloro che, involontariamente o imprudentemente, s’infilano e si fanno ”irretire” da situazioni e circostanze senza via d’uscita, più grandi di loro. Facendo poi la stessa fine dei tonni nella mattanza.
Giovanni Farina

Articolo su
I LOVE SICILIA N°174-2021
L’arte secondo Marck Art
La Sicilia come materia. Cocchiara e la sua arte
di Alessia d’Angelo
Domenico Cocchiata è nato a Bivona, in provincia di Agrigento, il 26 Aprile 1977. La sua è un’arte che ostenta colori, la proiezione di una vasta cromia di emozioni che intende trasferire su ogni
porzione di mondo che incrocia i suoi passi. “Noi artisti siamo gli unici che, sporcando il mondo, lo rendiamo migliore”: così Cocchiara intende definire la sua arte. La sua identità pittoria carica
di espressionismo, attraverso la realizzazione di meravigliose installazioni e sculture, si assume il primato di aver donato la propria cifra artistica al Parco Artistico della Pace di Bivona, ispirandosi alla “Land Art”, inesorabile miscuglio tra arte e natura.
Un’arte, la sua, capace di cambiare il volto delle cose, a renderle più vive ed eterne. Com’è iniziata la sua esperienza, perchè sente il bisogno di raccontarsi con l’arte?
“Ho iniziato da autodidatta. Non ho frequentato l’Accademia, ma ho sempre studiato la storia dell’arte. La mia è una tecnica che nasce e si forma dell’atto stesso del dipingere. Sono sempre andato alla ricerca di un linguaggio che rispecchiasse esattamente cioò che volevo esprimere, senza copertura, senza inganni, ed è da lì che e nato il mio espressionismo. IL mio è un espressionismo di matrice materica, che riporto nelle mie operre con l’esclusivo utilizzo della spatola, il pennello lo uso soltanto per la firma. La mia anima artistica è stata rapita anche dalle bellezze di Favara, ipnotizzanti per i miei occhi.”
Le sue opere, oltre a ritrarre strade, monumenti e piazze, riportano anche dei pesci dai colori forti come il rosso, come se volessero sottolineare e rimarcare l’identità mediterranea. In Mattanza, acrilico su tela, non si può far a meno di pensare al sangue, alle origini. E poi la capacità di inserire una delicatezza prorompente, quasi una carezza…
“Il sangue non rappresenta quel sentimento oscuro proprio di una tragedia o peggio della morte, ma al contrario rappresenta per ma la vita. Il rosso è il colore che più rispecchia la mia amata terra. Richiama perfettamente il colore della lava, e così anche i pesci ritratti manifestano l’abbondanza e la vita. Parlo di una pesca eco-sostenibile, che rimanda alla mia natura ambientalista e in fedele comunione con essa”.
In Tetti e Cupole, un ricorrente utilizzo dei colori marroncino chiaro e scuro e un accenno al celeste. Parrebbe meno espressivo di altri dipinti, quasi incompleto.
“Questo quadro per me ha una grande importanza espressiva. È il primo quadro della serie di rappresentazioni dei monumenti e dei tetti della città. La particolarità di questa opera è la sua identità generica e universale, che abbraccia qualsiasi cultura e qualsiasi modello architettonico. Le cupole, i tetti e le cattedrali sono lo specchio di diversi popoli che nei tempi hanno abitato la Sicilia, con le rispettive etnie, credenze e culture”.
In Ballarò il rosso ritorna a predominare. Cosa pensa del suo dipinto messo a confronto con la Vucciria del pittore Renato Guttuso?Guttuso sceglie come protagonista il cibo, lei le tende, le case, i vicoli.
“Guttuso è un pittore del suo tempo. Ha rappresentato nella sua opera una Palermo viva, ardente, frenetica, ricca di gente che passeggia. La mia opera invece ha voluto porre l’attenzione su un tema molto importante quello della rinascita. È un quadro che ha preso vita durante il lockdown, ed è anche per questo che il colore rosso ritorna prepotente a regnare”.
Ricorrente la presenza di barche, in una ha dipinto la Cala di Palermo?
“Palermo è spesso la protagonista delle mie opere. È una cittàdavvero affascinante. Le barche rappresentate sono però quelle del Mediterraneo. Raccontano la storia di viandanti in preda alla frenesia delle giornate, di gente che parte e che ritorna. L’arte d’altronde è questo, la costruzione di piccoli pezzi dei propri trascorsi, dei propri ricordi e delle proprie emozioni”.